Lunghezza del percorso: circa 2,5 chilometri.
Tempo di percorrenza: tre - quattro ore.
Fino alla conclusione della terza fase del progetto, un tratto di “caraa al Cort” non è ancora percorribile.



Edificato nel corso del XVI secolo e ampliato in diverse occasioni, è stato benedetto il 12 luglio 1612 e per secoli ha avuto il ruolo di piccolo santuario della Lavizzara.
L’affresco sopra la porta d’entrata di pittore ignoto risale alla prima metà del XVII secolo.
All’interno vi sono alcuni elementi storici pregevoli: la statua lignea seicentesca della Madonna del Carmelo con vestiti antichi; gli stucchi dell’altare e le balaustre in pietra ollare; numerosi quadri ex-voto che vanno dal Seicento al Novecento.
La nuova mensa in pietra ollare è stata posata nel 1979.
Sono state edificate entrambe nei primi decenni del Novecento. La struttura è quella tipica delle stalle che venivano costruite in Lavizzara nel XIX secolo e nella prima metà del XX secolo (al pianterreno porta centrale con piccole finestre ai lati e muri parzialmente intonacati; fienile con pareti in parte in legno e in parte in travi orizzontali; tetto a puntoni).
Torba non datata, ma probabilmente assai antica che nel granaio conserva l’angolo dove si batteva la segale (assi poste in verticale e incastrate in modo da non perdere i grani durante la battitura).
Sotto la cucina posta al primo piano, vi è una cisterna con una capienza di circa 6’200 litri.
L’acqua veniva prelevata tramite un rubinetto posto dietro la porta che si trova a pianterreno, lato verso la “caraa”. Per scendere nella cisterna in occasione della pulizia annuale, bisognava togliere alcune assi del pavimento della cucina. All’esterno si nota ancora il tubo tramite il quale veniva convogliata l’acqua piovana nella cisterna e il tubo di scarico.
Già citata in un documento del 1598, si tratta del sentiero principale, attorniato da muri per evitare che gli animali uscissero nei prati e nei campi, che inizia dove il sentiero che sale da Broglio lascia il bosco e che termina presso l’oratorio.
Come parecchie altre “caraa”, anche i muri di questa sono stati in buona parte rifatti nell’ambito del progetto di valorizzazione del monte. In totale si sono ripristinati quasi 1500 ml di “caraa”.
Casa a torre con la data 1619 su una pietra d’angolo.
A pianterreno vi è la cantina; al primo piano la cucina con il camino inserito più tardi e al primo piano una camera da letto.
Nel corso dei secoli ha conosciuto qualche modifica: finestre più grandi, piccolo locale verso sud e innalzamento della muratura durante il rifacimento del tetto in piode.
Nel terreno a sud-est della casa vi era una cisterna.
Quasi vicino a ogni casa contadina vi era un tempo uno o più ciliegi della varietà amarena, che maturavano in luglio al tempo della fienagione. Oggi a Rima ne rimangono solo due esemplari. Da questi si otterranno, tramite innesto, alcune nuove piantine che saranno collocate in varie zone per rilanciare la specie autoctona. (Progetto Fase 3).
Torba di importanza cantonale, edificata nel 1835/36 (rilievo dendrocronologico) e utilizzata per riporre la segale fino al 1955. Il locale a pianterreno è sempre stato utilizzato soltanto come ricovero per gli animali o ripostiglio.
Edifici appartenenti alla stessa famiglia, ma costruiti in epoche diverse, tutti allineati lungo la “caraa”. La torba, monumento di importanza cantonale, risale al 1661 (rilievo dendrocronologico) La stalla e la casa sono probabilmente più recenti o hanno almeno subito modifiche nel corso dell’Ottocento.
All’interno della casa, nell’angolo più orientale, vi era una cisterna per raccogliere l’acqua piovana.
I muri di sostegno di campi e prati sono numerosi su tutto il monte.
Su questo pendio rivolto a est gli interventi sono stati ancora più capillari e importanti.
Nell’ambito del progetto di valorizzazione del monte, qui si sono rifatti oltre 400 ml di muri a secco.
Fatta costruire da Giuseppe Donati nel 1890 (sull’architrave sta la scritta G 1890 D) che era maestro d’inverno e alpigiano d’estate (morì nel 1895 sull’alpe Tomeo andando a far fieno selvatico) è conservata nell’aspetto originario.
Accanto vi è la cisterna, con il tetto formato da grandi lastre di beola, con una capacità di circa 4’200 litri.
Nel locale a pianterreno che fino al 1971 è stato usato come ricovero per le mucche vi è un rubinetto dal quale prendere l’acqua per abbeverare le bestie.
Dietro la casa si trova una piccola cantina e sul lato nord, addossato alla casa, un piccolo locale che veniva utilizzato come porcile.
É l’ultima stalla costruita a Rima durante i primi anni 40 del Novecento con tecniche tradizionali e materiali del posto. Le travi del tetto furono tagliate nel bosco sopra il “Mött dal’Aqua” e fatte scivolare lungo al “Valég di bor”; le piode e i sassi sono stati recuperati da diroccati situati a Rima oppure trovati facendo lo scavo.
Bosco di faggi di proprietà patriziale che non ha subito opere di bonifica, poiché caratterizzata da molti affioramenti rocciosi.
Nella zona di “Foier” posta più in basso e più a sud, invece, si notano lunghi muri di confine e di sostegno a ricordare importanti opere di bonifica, anche se da decenni è un bosco di faggi dove in autunno si raccoglievano le foglie secche per il letto delle persone e per il ricovero degli animali.
Salendo la Bosc’ina si nota sul poggio più a nord una casa a tre piani con la data 1851 e accanto una stalla appartenente alla stessa famiglia.
A testimonianza della problematica dell’approvvigionamento idrico si conserva una vasca monolitica (capienza circa 150 litri) che fino a una ventina di anni fa era protetta da un piccolo edificio con il tetto a una falda come pure una cisterna con la capacità di circa 8700 litri.
Questo nucleo e ancora di più i prati posti più a sud (Cort di Giorzitt), quando la strada forestale giungeva solo fino all’oratorio, era molto periferico e aveva già subito un forte abbandono. Soltanto questa stalla era ancora utilizzata a scopo agricolo.
Negli anni 70 tutti gli edifici tradizionali sono stati venduti e trasformati in residenze secondarie.
Soltanto questa stalla con accanto una cisterna, già manomessa dopo il 1937, hanno conservato il loro aspetto originario.
Il terreno per la costruzione venne acquistato nel 1969; ottenuta la licenza edilizia, la nuova casa sorse nello stesso anno con i materiali trasportati tramite elicottero partendo dal piazzale accanto all’oratorio.
In questa zona tutte le stalle, che nel frattempo sono state trasformate in residenze secondarie, erano state edificate in mezzo ai prati e non lungo le “caraa” come da consuetudine secolare.
In questa zona è stato realizzato il maggiore recupero di terreni agricoli che a causa dell’abbandono, si erano inselvatichiti.
In totale su tutto il monte si sono recuperati circa 20’000 mq a prato.
Come per le bonifiche di terreni ancora prativi, anche per questo sottoprogetto, si è data molta importanza all’aspetto paesaggistico pur migliorando la falciabilità dei prati: rifacimento di numerosi muri a secco, conservazione di alberi tipici e di massi affioranti.
Nel 1937, al momento della costruzione del nuovo acquedotto che trasportava l’acqua dalle sorgenti sull’alpe Brunescio fino a Rima e a Broglio, all’interno di ogni nucleo furono posate altrettante fontane dove si conducevano a bere le mucche e dove si attingeva l’acqua per gli usi domestici.
Siccome le stalle e le case sono sparse, qui la fontana è stata posata in mezzo ai prati.
Abitazione ottenuta con l’ampliamento, nel corso dell’Ottocento, di un vecchio edificio con il primo piano in legno (quello più a nord) simile a una torba.
Sul comignolo vi è la data 1889 mentre sulla pigna in pietra ollare posta nel locale a pianterreno, lato sud, sta la scritta C P 1848.
Accanto, probabilmente verso la fine dell’Ottocento, fu scavata una cisterna della capacità di 8700 litri che conserva ancora il verricello in legno per attingere l’acqua con un secchio.
I canali per portare l’acqua piovana dal tetto più a sud alla cisterna erano in legno di larice.
Questa piccola casa con la parte superiore in legno, a conferma che anticamente l’uso del legno era più frequente, porta la data 1621.
Fino agli ultimi anni dell’Ottocento questo luogo veniva denominato “Al pozz” poichè qui vi era un pozzo, scavato nel terreno, che raccoglieva il gocciolio proveniente da alcune rocce affioranti e qui giungeva la roggia, lunga circa 3 km, che trasportava l’acqua dal torrente sull’alpe Brunescio. Quindi fin qui si accompagnavano le mucche ad abbeverare, due volte al giorno, facendole camminare lungo le “caraa” e qui si attingeva l’acqua per gli usi domestici, portandola con la brenta, quando quella delle vasche monolitiche non era più sufficiente.
Nel 1862 il patriziato di Broglio fece costruire una grande cisterna, profonda 2 metri e settanta e della capacità di 118’000 litri per aumentare la riserva di acqua.
Con la costruzione delle cisterne private, verso la fine dell’Ottocento, l’importanza di questo luogo iniziò a diminuire.
Nel 1937 si costruì quindi il bacino di riserva del nuovo acquedotto che dalle sorgenti sull’alpe Brunescio portava l’acqua a Rima e a Broglio.
Il bacino fu ampliato nel 2002 senza modificare la struttura di quello già esistente.
Accanto al sentiero per l’alpe Brunescio, circa 200 metri dopo il Cisternomm, si trova una spaccatura delle rocce profonda almeno venti metri e larga circa 5 metri, detta in dialetto “frigna”. Da questa fenditura in estate esce aria fresca e in inverno si percepisce un soffio di aria temperata.
Da questo punto occorre ripercorrere il sentiero e la “caraa” seguiti per raggiungerlo.
Costruito nella primavera del 1972, non appena terminata la strada forestale che giungeva fino all’oratorio, quando non vi era nessun vincolo edificatorio (il Decreto federale urgente è dello stesso anno).
Negli stessi anni a Rima furono costruite altre due case nuove di vacanza.
Teodoro Pedranti (1869-1934), prima di emigrare in California, fece costruire, in collaborazione con il padre Giuseppe, questa ampia casa a due piani, la cisterna accanto (capacità circa 8’200 litri) e una tipica stalla ottocentesca.
Nel camera accanto alla cucina vi è una pigna in pietra ollare con la scritta TGP 1897.
Sulla stalla vi è la scritta P.V. 1889
Oltre alle torbe con i tipici “funghi”, a Rima si conservano alcuni piccoli edifici con la parte superiore in legno che servivano da granaio. Questo è il più piccolo e ha la particolarità di avere le travi squadrate e sovrapposte ermeticamente.
Secondo l’analisi dendrocronologica deve essere stata edificato tra la fine del XVI e i primi anni del XVII. Si ipotizza che il pianterreno in passato sia stato usato come cantina.
Il tetto è stato rifatto nel 2022 poiché quello originario in piode era a sua volta stato sostituito verso il 1930 con uno in lamiera.
In questo nucleo vi erano diverse stalle dove si immagazzinava il fieno raccolto nel pianoro situato a nord.
Si notano due stalle con il fienile completamente in legno, probabilmente seicentesche, e altre con poche travature a riempire gli spazi della muratura, costruite nella seconda metà dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento.
Casa fatta costruire dalla famiglia Pometta nel 1838 quale residenza estiva.
Questa famiglia borghese, originaria di Broglio e tornata dalla Francia nel 1797 fuggendo alla rivoluzione francese, poichè fornitori del re, diede un impulso particolare alla vita ottocentesca del paese. Alcuni membri di questa famiglia, pur vivendo a Broglio, furono infatti medici, avvocati, notai e granconsiglieri. L’ultimo residente, Angiolo, medico condotto della Vallemaggia, morì nel 1876 a 42 anni.
A ovest della casa vi è, di proprietà della stessa famiglia, una cisterna, una torba, probabilmente seicentesca, e una stalla.
Abitazione con la data 1581.
La struttura principale è ancora quella cinquecentesca.
Nel corso dell’Ottocento e nella seconda metà del Novecento ha subito alcune modifiche.
Torba ottocentesca con la data 1829 e la sigla GMD (Giacomo Maria Donati): fino al 1975
il pianterreno è stato utilizzato come ricovero per le mucche e il primo piano come fienile o granaio. E`la torba più grande costruita a Rima con il granaio sostenuto da 7 “funghi”.
Costruita nella prima metà dell’Ottocento da Giacomo Maria Donati (1801-1857) e ampliata verso nord nel 1976. Vedi la sigla GMD.
Davanti fu aggiunta, verso la fine dell’Ottocento o inizio Novecento, una cisterna in muratura per raccogliere l’acqua piovana, ricoperta da un tetto a volta, della capienza di 8000 litri.
Si nota ancora la porta tramite la quale si attingeva l’acqua, il tubo di scarico nonché il rubinetto, posto a pianterreno della casa, per prelevare l’acqua e vuotare la cisterna in occasione della pulizia annuale.
Piccola torba i cui sostegni a forma di fungo sono stati eliminati nella prima metà del Novecento, poiché pericolanti. Si sono conservate le quattro lastre.
Il locale a pianterreno reca evidenti tracce di fuliggine (in un documento del 1930 si parla di “torbino con cucina alla Pila d’Abramo”).
Edificio cinquecentesco (vedasi la data 1581) conservato nell’aspetto originario: senza comignolo, una sola finestrella al primo piano; piccola loggia coperta dal tetto sporgente verso sud. Anticamente il pianterreno era usato come abitazione: il fuoco veniva acceso nell’angolo nord-est e il fumo usciva da un pertugio e dalla porta.
Il locale al primo piano era la camera da letto per tutta la famiglia.
Si ipotizza che nel corso del Settecento si sia abbandonato il pianterreno per abitare soltanto il primo piano: focolare sul lato sud-est e letto nell’angolo opposto.
Rispetto all’edificio originale, le uniche modifiche sono le porte e la scala di accesso al primo piano. Il tetto in piode è stato rifatto nel 2017 conservando la stessa pendenza e le stesse sporgenze.
A partire dall’estate 2021 nei due locali è stata allestita una piccola esposizione, sempre visitabile, della civiltà contadina di Rima.
Sull’angolo nord - est vi è incisa in un sasso la data 1602.
L’originaria travatura del tetto era a cavallo.
Interessanti le colonne in muratura, originarie, a sostegno del tetto sporgente verso sud.
Porta incisa la data 1593.
Fino al 1990 era collocata accanto alla torba no. 37B, seminterrata, protetta da un piccolo locale e serviva per raccogliere l’acqua piovana. La capacità è di circa 750 litri.
Edificata all’inizio degli anni 30 del Novecento, si tratta dell’ultima abitazione costruita a Rima prima della strada forestale, portando quindi da Broglio a spalla tutti i materiali necessari, tranne i sassi (ottenuti spaccando massi del posto), le piode del tetto e le travi tagliate nel bosco sovrastante.
Edificata nel 1667,è stata la casa paterna dello scrittore Giuseppe Zoppi.
Il camino è stato aggiunto sul lato ovest probabilmente nel corso dell’Ottocento.
Il fungo in legno verso sud è stato aggiunto nel corso degli anni (tutte le torbe di Rima hanno il sostegno in muratura o in pietra).
Torba cinquecentesca (verosimilmente la più antica di Rima) usata fin dalla sua edificazione, come abitazione al pianterreno (il fuoco veniva acceso in un angolo o in mezzo al locale) e come granaio al primo piano.
Pietra d’angolo con la data 1586.
Torba seicentesca con un piccolo locale sul lato nord usato anticamente quale cantina e ricoperto da grandi lastre con la data 1610.
Il pianterreno era utilizzato quale cucina con il fuoco che veniva acceso in un angolo o in mezzo al locale. Le aperture hanno conservato le dimensioni originarie. Il primo piano in legno di larice era il granaio.
Questa è l’ultima torba che è stata edificata a Rima nel 1859.
Il pianterreno era usato come stalla; il primo piano era il granaio.
Vasca monolitica con una capacità di circa 2400 litri e la scritta ABRAM BERNA 1741
Fino al 1969 era addossata, protetta da un muro perimetrale e da un tetto a una falda, al lato nord della casa no. 30b e fino al 1937 serviva per raccogliere l’acqua piovana.
Monumento di importanza locale.
